Perchè l’Unione Europea è un incentivo alla secessione come in Catalogna

Sul Corriere della Sera di oggi, 1 ottobre, Antonio Politico, solitamente schierato tra coloro che difendono la costruzione dell’Unione Europea, si esercita invece in una critica tanto severa, quanto lucida, dell’Ue. L’occasione è lo scontro, lacerante, in atto in Spagna tra la catalogna, che rivendica l’indipendenza si appresta a svolgere un referendum e il governo centrale di madrid che invece vieta lo svolgimento della consultazione e nega alla più ricca regione del Paese il diritto di andare per la sua strada. Scrive Polito: <La revanche di sentimenti indipendentisti è paradossalmente un effetto del successo dell’integrazione europea, e non sarebbe possibile se l’Unione non esistesse. Pochi catalani, scozzesi o fiamminghi, se la sentirebbero di avventurarsi per il mondo con il passaporto e il mercato che la loro piccola patria potrebbe offrire. Ma se invece trovano posto in un contenitore di nazionalità più ampio della Spagna o del Regno Unito o del Belgio, capace di proteggerli meglio economicamente e di garantire di più le loro differenze, perché mai restare dentro i vecchi confini, imposti dal vicino più forte e talvolta più arrogante? (…) Però – aggiunge Polito – quel nuovo contenitore multinazionale, tanto annunciato e predicato, nella realtà non c’è, è rimasto un miraggio. Si spiega così il grande imbarazzo con cui l’UE  assiste allo scontro tra Madrid e Barcellona. E’ come se sis fosse voltata dall’altra parte, per non vedere. (….) Se l’Europa fosse  schiettamente confederale, un’unione di Stati, difenderebbe con più energia lo Stato spagnolo da una pretesa secessionista, togliendo ai catalani ogni illusione di poter essere accolti dopo una così traumatica rottura. Ma siccome l’UE ha nel suo dna il sogno federale di un’unione tra popoli, non se la sente di condannare apertamente di indipendentisti. Anzi, arriva a flirtare con loro quando le conviene, come ha fatto con gli scozzesi, a mo’ di rivalsa per la Brexit>. Non è tutto. Nello stesso articolo, l’autore racconta di come quest’estate abbia attraversato in autostrada  la frontiera franco-spagnola senza trovare alcun controllo. Peccato – osserva – che solo due giorni prima <un commando di terroristi aveva sconvolto Barcellona e la Catalogna, e tutti i media segnalavano il rischio che l’attentatore della Ramblas e suoi complici potessero scappare in Francia per sfuggire alla caccia all’uomo>. Pertanto, osserva ancora Polito: <Abbiamo indebolito lo Stato nazionale, annunciando che le frontiere interne non esistevano più, ma non è mai arrivato lo Stato  multinazionale, dotato di una polizia federale e di una procura antiterrorismo, che potrebbe sostituirlo>.

Come non condividere considerazioni così evidenti, oseremmo dire incontestabili. A queste, ne aggiungiamo altre due. La prima riguarda l’introduzione dell’euro. Prima di quel momento, ovvero finchè esistevano le monete nazionali, le regioni ricche, che pure in ragione del loro diffuso benessere offrivano un maggior contributo ai bisogni nazionali, indirettamente traevano però anche importanti vantaggi dalla debolezza delle regioni meno ricche. Ogni divisa nazionale (pesos, lira, franco ecc), infatti, veniva quotata suoi mercati valutari in funzione delle condizioni di salute di tutto il paese.  Continuando a prendere la Spagna come esempio, questo significa che, se tutto il Paese fosse stato ricco come la Catalogna, sul mercato dei cambi il pesos avrebbe avuto una quotazione più alta e, di conseguenza, le esportazioni dei prodotti della ricca Catalogna avrebbero faticato di più a conquistare i mercati esteri. Dunque, grazie a questo meccanismo, quando non c’era l’euro, la Catalogna otteneva onori e oneri (economici). Con l’introduzione della moneta unica, invece, gli oneri sono rimasti – nel senso che la Catalogna continua a contribuire ai bisogni nazionali in misura maggiore di altre regioni spagnole meno ricche – mentre gli onori sono scomparsi. Nel senso che ha perso il vantaggio di avere una moneta più debole, in quanto il valore dell’euro sui mercati valutari non è più la sintesi delle condizione di salute delle regioni spagnole, ma lo è di un territorio – i paesi della zona Euro – ben più ampio. Pertanto, ottenendo l’indipendenza, le regioni ricche non devono più <mantenere> quelle più povere e in tasca si ritrovano egualmente una moneta stabile, l’euro, appunto.

Altro tema, importantissimo, è quello della sovranità dei singoli Stati nazionali. Pensare di cederne alcune parti, come è già successo, non è di per se un delitto. Pensiamo ad esempio alla Nato e alla cessione di sovranità in tema di difesa che l’Italia, a suo tempo, ha deciso di fare. Non vi è dubbio che quella rinuncia sia avvenuta nei confronti di un’organizzazione militare con finalità e compiti bene definiti e che questa scelta abbia garantito all’Italia uno scudo militare di cui altrimenti, da sola, non si sarebbe mai potuta dotare. Altra cosa, però, è cedere la sovranità a un’organizzazione internazionale, che nel nostro caso dovrebbe essere addirittura un sovrastato, che in realtà non c’è, dove non esiste la certezza del diritto, dove i Trattati, ovvero la carta costituzionale, vengono spesso e volentieri stravolti da norme di rango inferiore mai approvate da nessun parlamento, Questo è più che un delitto. E’ alto tradimento verso lo Stato cui si appartiene.

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